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Santi Pietro e Paolo (e avvisi dal 20 al 27 giugno 2010) |
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sabato 26 giugno 2010 |
Ricorre
in questi giorni la solennità del martirio primi apostoli su cui si
fonda la diffusione del Vangelo e il primato della Chiesa di Roma,
fondata proprio sulla fede dei due principi della Chiesa. Questa
solennità è anche festa del Papa e dei sacerdoti che
tradizionalmente ricordano la loro ordinazione. Vogliamo allora
insieme riflettere su questa festa a partire dalle parole di un
teologo milanese del nostro tempo:
C'
è un tempo per rimanere incantati della signorile dispensazione
della grazia, che affida i suoi tesori ai vasi di coccio (materia
modesta: dura e fragile anche quando non dovrebbe). C'è un tempo
per rimanere avviliti per lo smarrimento del dono affidato, che
ferisce al cuore più della spada, ed espone la fede all'incredulità.
C'è anche un tempo - ed è ora - nel quale i due momenti sono
come sovrapposti: e vanno vissuti insieme.
'Insieme'.
Ieri, nella visibile coralità dei quindicimila 'segnati' e
'consegnati', che si sono radunati intorno all'altare della
celebrazione presieduta dal Papa, questo avverbio - 'insieme' -
ha sviluppato tutta la forza di un suo duplice significato.
'Insieme',
vuol dire certamente la sincera disponibilità a portare in sé
stessi, senza sottrarsi, l'incondizionata ammirazione della grazia
ricevuta e anche la dolorosa ferita del peccato. Il sacerdote non
vuole coprire il peccato con la retorica della grazia. Non vuole
nemmeno dissimulare con imbarazzo, quasi fosse cosa di cui egli
stesso dispone a suo piacimento, la bellezza del dono che porta. Il
dono è di Dio. Ed è in favore dei molti che cercano segni di Dio: e
uomini in carne e ossa realmente segnati da Dio. Quando il Papa ci
ricorda - e ricorda a tutti - che il sacerdozio è una
consacrazione, non un mansionario, di questo parla. Quando ricorda
che si tratta della vita di uno di noi, che azzarda la consegna di se
stesso, e non di un ufficio che eroga prestazioni per il bisogno
sociale di un po' di religione, di questo parla. Quando ricorda che
tra i segni che incidono la grazia destinata fin nella carne, come
una ferita nel cuore che lietamente guarisce mille affetti feriti, il
celibato sacerdotale offre un'insostituibile eloquenza alla pura
grazia del sacramento, di questo parla.
Non
si tratta di fare vantaggiosa economia delle responsabilità, si
tratta di allargare la disposizione dell'ospitalità per conto di
Dio, in favore dei molti: a cominciare da quelli più inermi e più
abbandonati.
'Insieme',
ieri, diceva però anche altro. L'icona bella dei quindicimila
intorno all'alta-re diceva di una 'collegialità' indispensabile
del sacerdozio ordinato e consegnato, che porta 'insieme' la
responsabilità e il dono. La comunione sacerdotale vive per prima -
ed esemplarmente per tutti - la lieta disposizione a «portare gli
uni i pesi degli altri», di cui parla l'apostolo Paolo. Se il
ministero non è ufficio e mansionario, non è neppure luogo di
carriera e competizione. Il vero mira-colo, perciò, è che sia così
vasta, tra i flutti della nostra società liquida che corrodono i
buoni legami d'amore, la fermezza di questa lieta consegna.
Nell'insieme dei volti conosciuti e sconosciuti delle migliaia,
ieri, l'abbiamo vista. E l'abbiamo ammirata commossi, senza
presunzione e senza arroganza, come un puro dono di Dio. Ne
custodi-remo l'icona, sostenendoci e ammonendoci a vicenda, senza
lagnare e senza dubitare di Dio: il quale ci assegna, umani come
siamo, il compito di renderlo prossimo agli u-mani. Lo faremo nella
franca coscienza di essere esposti per primi, e più di ogni altro,
all'insidia del 'nemico' che intorbida le acque dell'amore e del
bisogno d'amore.
Le
genti d'Occidente, proprio di questo stanno affogando. Discepoli
goffi e improbabili come siamo, cammineremo sulle acque, se Dio ce lo
chiede.
(Il
carisma della vocazione: la responsabilità e il dono di svelare il
mistero, Pierangelo Sequeri, Avvenire del 12 giugno 2010)
Di
fronte alla sfida della nuova evangelizzazione, nonostante le insidie e
le difficoltà che incontriamo possiamo sperare di vedere
la misericordia e la potenza di Dio?
Don
Davide
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